A cura di: Dott.ssa Federica Bonfante e Dott.ssa Elisa La Ferrera – TNPEE
La disgrafia è uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e consiste nella difficoltà grafomotoria nel riprodurre segni alfabetici e numerici. È un disturbo su base neurobiologica e può essere isolato o, come spesso accade, associato ad un altro DSA (dislessia, disortografia, discalculia) o ad altri quadri (come disprassia, ADHD).
La diagnosi viene posta dalla fine della seconda elementare, momento in cui il bambino ha maturato le competenze della scrittura, mediante test specifici svolti dal Neuropsicomotricista e a completamento dell’iter diagnostico per DSA.
I segnali di allarme che si osservano sono (non è necessario che siano tutti presenti): grafia poco leggibile, preferenza di utilizzo dello stampato maiuscolo, disordine negli scritti, lentezza esecutiva, impugnatura errata con o senza dolore alla mano, affaticamento, frustrazione, tendenza ad evitare i compiti di scrittura. Le difficoltà si osservano sia in ambito scolastico che domestico; talvolta migliorano leggermente se il bambino si trova in un ambiente protetto, in cui è sostenuto, e sono rispettati i suoi tempi.
Il percorso di valutazione e trattamento della disgrafia che è intrapreso presso il nostro Studio fa riferimento a più modelli, che sono integrati fra loro: si basa infatti principalmente sul Metodo AED (Associazione Europea Disgrafie), sugli studi di R. Olivaux e J. De Ajuriaguerra, ma anche sulle indicazioni della Dott.ssa A. M. Wille e del Dott. C. Ambrosini.
La valutazione consiste in un primo colloquio di anamnesi con i genitori e la visione di scritti e disegni; seguono quindi alcuni incontri con il bambino in cui sono valutate le competenze non solo di scrittura, ma anche prassiche, motorie fini e globali, di disegno, visuo-percettive e visuo-spaziali. La scrittura è valutata mediante test specifici (BHK, BVSCO-2, DGM-P, Scala D) nelle componenti di velocità, leggibilità e apprendimento: possono infatti esservi scritture maldestre e poco leggibili, scritture impulsive, scritture leggibili ma eccessivamente lente; sono inoltre osservate la postura e l’impugnatura dello strumento grafico.
In seguito a valutazione sono date indicazioni specifiche da attuare in ambito scolastico (come eventuali strumenti compensativi e dispensativi) e viene quindi intrapreso il percorso di potenziamento e trattamento.
Il percorso di potenziamento può avere una durata variabile in base a quanto emerso dalla valutazione e quindi dalle caratteristiche della scrittura del bambino. Al fine di ottenere una migliore efficacia, il percorso con il terapista è affiancato da esercizi da svolgere a casa come mantenimento e allenamento di quanto eseguito in seduta.
La caratteristica fondamentale del percorso è che questo non è un mero esercizio di scrittura, ma coinvolge tutte le abilità di base della scrittura, arrivando a questa solo al termine del trattamento. Sono infatti dapprima eseguite attività di rinforzo di:
– motricità globale, al fine di potenziare gli aspetti posturali;
– motricità dell’arto superiore e fine, al fine di potenziare i movimenti di progressione e iscrizione (esercizi di rilassamento, tonificazione, coordinazione);
– prassie, manipolazione di oggetti, utili per migliorare la manipolazione dello strumento grafico e potenziare i micromovimenti coinvolti nella scrittura, nonché l’adattamento tonico;
– visuo-percettivi e visuo-spaziali, finalizzati a potenziare la componente spaziale presente nella scrittura (orientamento dei grafemi, spazio tra le parole, organizzazione della pagina).
Una volta consolidate le componenti base, ci si approccia alla grafomotricità, dapprima mediante il disegno e attività specifiche guidate, al fine di ritrovare il piacere del gesto grafico. La rieducazione ha infatti lo scopo sia di agire sugli aspetti tecnici e strumentali, ma anche sugli aspetti emotivi, sulla motivazione, sull’autostima, passando quindi dalla relazione bambino-terapeuta.
Le attività specifiche si basano sulle indicazioni di Olivaux e De Ajuriaguerra; gradualmente si fanno esperienze che coinvolgono dapprima un gesto più ampio sino ad arrivare ai simboli prescrittori e ai grafemi. I bambini sono dunque coinvolti in attività di tecniche pittografiche e scrittografiche, nell’esecuzione di arabeschi, macchie, tracciati scivolati, grandi e piccole progressioni, coppe, ghirlande, archi, onde, chiocciole… Sono utilizzati colori a matita, pennelli, pastelli a cera; l’attività può essere svolta su grandi cartelloni verticali sino a fogli sul tavolo. Lo scopo è quello di recuperare il piacere grafico ed avvicinare gradualmente il bambino alle forme dei grafemi, oltre che a reimpostare la corretta postura e impugnatura e rinforzare i movimenti coinvolti nella scrittura.
Solo in un’ultima fase si presentano i grafemi, dapprima singoli, nella forma, nella corretta direzionalità del gesto, e poi legati tra loro, sino a formare le parole. Sono differenti anche le attività che possono riguardare i grafemi: motorie, propriocettive, spaziali, di manipolazione, grafiche; il tutto perché la scrittura deve essere piacevole, interiorizzata, automatizzata, deve avere un coinvolgimento emotivo, e per raggiungere questo un solo lavoro di copia non è sufficiente.
Al termine del percorso l’obiettivo a cui si auspica è che il bambino possieda le competenze strumentali necessarie per la scrittura e che trovi piacevole questa modalità di comunicazione con gli altri e soprattutto di espressione di se stesso.